Gare virtuali
Gare virtuali

La maratona di Sydney? La corro sulla ciclabile di Vigone!

Le virtual race sono nate timidamente a metà della prima ondata di Covid. Piccole società come la nostra ne hanno proposte alcune su distanze accessibili a tutti, nella speranza di tornare quanto prima a fare sul serio. Poi le cose sono andate come sappiamo, il problema non si è risolto in tempi brevi, ed allora qualcuno ha pensato di insistere sul “virtuale” e ne ha fiutato business.

Considerato che per un bel po’ di tempo ci si dovrà scordare delle partenze con migliaia di persone, dei viaggi legati alle competizioni, dei momenti di festa e aggregazione che solo la corsa sa regalare, gli organizzatori degli eventi internazionali più prestigiosi hanno proposto quindi la gara a distanza, corsa in completa solitudine, stilando poi una classifica in base ai tempi fatti segnare.

Le motivazioni per proporre soluzioni di questo tipo, oltre all’indiscusso amore per la corsa che regge anche in tempi di pandemia, sono legate anche ad altri motivi; non ultimi il mantenere accesa l’attenzione sull’evento reale posticipato all’anno successivo, cercare di racimolare qualche soldino dopo il suo annullamento (premi e gadget per i partecipanti, sovente prodotti con stampigliata la data dell’evento e quindi non riutilizzabili, hanno un costo non indifferente), garantire agli sponsor un minimo di visibilità.

Durante la prima ondata questo tipo di competizioni - vere e proprie cronometro individuali – contavano poche centinaia di partecipanti: quelle di buon livello sono state in tutto tre o quattro in tutta la penisola (per la verità alcune organizzate malissimo…), ma ora hanno preso piede con regole più precise e definite, e contano ormai migliaia di partecipanti in tutto il mondo.

Così alcune classiche autunnali sui 42 km, ma anche su distanze più brevi, sono state proposte on line (i siti virtualrunners.org e runclusive.com sono quelli che ne raccolgono in maggior numero): la Honolulu Marathon, la mezza di Angkor Wat, oppure la 5km di Sidney o la 10 km di Cape Town, solo per fare qualche esempio, si possono correre sotto casa, magari sulla ciclabile di Vigone, seguendo le regole anti Covid dettate dal proprio Paese di appartenenza. Il metodo per gareggiare è abbastanza semplice: ci si iscrive on line versando la tassa di iscrizione, si corre la distanza registrando con il proprio Gps la prestazione, la si trasferisce su App consigliate al momento della registrazione (Strava è la più comune), e si invia il risultato a chi organizza. Interessante vedere poi le classifiche, che raccolgono campioni navigati, ex olimpionici, ma soprattutto tantissimi “tapascioni”, persone che hanno cominciato a correre proprio in epoca Covid.

Piuttosto critico l’aspetto iscrizioni (per questo si parlava di business): mediamente si sborsano 15/20 euro, ma si arriva anche a 100. All’atleta viene inviato via mail il pettorale da stampare e utilizzare in gara, e poi tramite corriere, la classica t-shirt ricordo e la medaglia di finisher.

Tutto questo circo virtuale è una soluzione di ripiego, che stimola molti runners ad andare avanti, a non mollare con gli allenamenti, ma… non è la stessa cosa. Si spera ovviamente di tornare presto a sgomitare alla partenza, ad allungare su chi è davanti, a cercare di staccare gli altri. Insomma, la competizione vera è tutt’altra cosa.

Gualtiero Falco