Michelangelo Amparore a New York
Michelangelo Amparore a New York

Sono le 4, fuori è notte, l’orario della sveglia non è stato deciso da me ma dal bus dell’organizzazione che parte alle 4.45 per Staten Island: sono a New York e sto aspettando di partire per la NYC Marathon , pettorale 34343.

 

 

New York e la sua maratona ti riportano nel pensiero qualcosa di sconvolgente, che ti rimane nell'anima!! La Citta avvolge i top runners ma soprattutto abbraccia con i suoi milioni di spettatori i corridori come noi, i vari Michelangelo, Joseph, Ashlyn che corrono e camminano nella mischia, in fondo.

 

 

I newyorkesi tutto ciò lo sanno ed incitano tutti allo stesso modo e, anche se non conoscono le motivazioni che stanno dietro ad ogni runner, la rispettano …… “Great job”, “you can do it, “looking good” lo è davvero per tutti quanti!!!

 

 

Gestire e far partire 50.000 persone non è una cosa semplice; l’attesa è lunga, quasi infinita e la mattina a novembre a NY non è propriamente tiepida: 3 ore di attesa posso sembrare incredibili ma permettono di conoscere i variegati podisti presenti: tutti infreddoliti e tutti preoccupati di giungere al termine ma felici ed orgogliosi di “be in”!!!

 

 

Solamente quando imbocco il ponte di Verrazzano ed inizio ad accennare i primi passi di corsa realizzo che ci “sono dentro” ….. è iniziata la mia maratona di New York!!!

 

 

E' bello correre insieme agli altri, non è la prima volta, ma guardo quasi con stupore i miei compagni di avventura sconosciuti, chissà loro come si sentono. Poi finisce il ponte e New York ci inghiotte. Discesa e siamo a Brooklyn: l'impatto è caldissimo!!!

 

 

Qui l’ atmosfera è fantastica: 16-17 km di tifo continuo. Ai lati della strada si vede tutta l’ umanità: ci sono tutti i colori di tutte le razze, vecchi e bambini, signore attempate che ti urlano “vai Italia !!!”, complessini musicali improvvisati che suonano, poliziotti e i mitici vigili del fuoco che applaudono.

 

 

Il nome sulla maglietta mi rende protagonista, mi chiamano, storpiano il mio nome ...ma tutto ciò ti fa volare.

 

 

Bisogna correre sul lato della strada e dare il cinque alle decine di persone che propongono le loro mani. Mi sento quasi insuperabile per qualche istante, durante le frazioni di secondo in cui io e i newyorkesi incrociamo gli sguardi….

 

 

Durante gli allenamenti pensavo a come mi sarei comportato lungo la gara: cronometro, ritmo, concentrazione per il “muro” dei 30 km……niente di tutto ciò: mi sono divertito a correre!!! Passano i km e neanche me ne accorgo, ho un ritmo più veloce di quanto pianificato “a tavolino” (5.15) ma ho deciso di seguire il suggerimento di Silvia: ti sei allenato, sei in forma, osa, cosa cambia? …. quindi oggi si osa e si assapora ogni istante di questo sogno…correre a NY!!!. L'orologio lo guardo pochissimo ma le poche occhiate riportano ritmo a 5.00, mah … speriamo…

 

 

Sfilano decine di complessini, suonano musica che ti galvanizza e ti spinge in avanti come una molla.

 

 

In mezzo a questa festa arrivo alla mezza Maratona: passo il Polansky Bridge con il quale mi immetto nel Queens ed il crono si ferma a 1.45.53.

 

 

Il percorso fino a quel momento è stato solo in apparenza piatto; in realtà queste strade “americane” sono tutte un continuo sali e scendi..

 

 

Dopo il Polansky bridge è tutta un'attesa … so che sta per arrivare il ponte maledetto, lo spartiacque tra la maratona che può essere spensierata e quella di fatica, il Queensborought bridge. Lo si vede da lontano correndo...ed anche i runners che stanno iniziando la salita del ponte … siamo attorno al 26° km….

 

 

All’imbocco si passa dall'incitamento al silenzio, solo il rumore dei passi dei corridori ed il tuo respiro … raffiche di vento gelido ti prendono trasversalmente, si capisce qui perché è il passaggio cruciale della maratona.

 

 

Sono sulla sommità del ponte, ora c’ è la discesa … è il delirio … lo scenario cambia..la stradasi allarga, sono sulla First Avenue, in piena Manhattan, e le persone ai lati delle strade si sono moltiplicate. E’ vero tifo da stadio!!!… un attimo di sospensione ad assaporare tutto ciò con la voglia di accelerare … aumento leggermente.

 

 

Fine della 1st Avenue, ponte nuovamente e siamo nel Bronx. Breve tragitto nel Bronx, altro ponte, e si torna a Manhattan per il finale.

 

 

Attraverso Harlem, sono al 35° km, e comincio ad aver male alle gambe, sono sull’ orlo dei crampi. Il ritmo tenuto fino ad ora è stato troppo veloce, non lo avevo, ma non mi importa.

 

 

I crampi arrivano: gamba destra!!! Mi fermo un attimo per un po’ di stretching, mi rilasso e riprendo …. diamine, sono quasi a Central Park !!!

 

 

Imbocco la famosa 5th Avenue e costeggio Central Park. Qui è di nuovo presente un tifo assordante, ma io devo tenere a bada la fatica ed i crampi, devo chiudere e bene!

 

 

Passo i saliscendi di Central Park in controllo cedendo qualche secondo sul passo ma ormai sono sulla 59esima Street, là davanti c’ è il monumento di Columbus Circle, e dopo 800 m c’è l’ arrivo. Aumento per far durare per meno tempo la fatica !!!

 

 

Vedo il traguardo, in un istante penso ai kilometri fatti in preparazione, le tendiniti che mi hanno tenuto fermo a settembre, ai dubbi che sorgevano e … alle scarpe dimenticate in Serbia!!! Ebbene si, ho corso con le scarpe nuove … 16 km di rodaggio il giovedì a Central Park … giusto per vedere che la misura non fosse errata!!!

 

 

Guardo il cronometro, segna 3.41.37 e sono al 26 miglio, penso al percorso di allenamento tutto collinare e con due salite. Riguardo il cronometro e ringrazio Kragujevac – Serbia, sono sotto al mio personale target: 3.45.

 

 

Il traguardo è a pochi metri, passo sotto lo striscione a 3.43.32.

 

 

Abbraccio la ragazza che porge le medaglie e chiacchiero un po’ con Trisha che accompagna i “mad men running” verso il ritiro delle borse. Ho addentato la Grande Mela e ora sono felicissimo.

 

 

Mi giro e le chiedo chi ha vinto: Geoffrey Mutai in 2.05.06 … ma questa è tutta un’altra maratona …